• 15 Maggio 2024 15:59

La parte buona

CHE ASCOLTA E METTE IN PRATICA LA PAROLA DI DIO

Giornata della memoria 2017 – Il libro di Ester e l’antisemitismo

– Letto ad alta voce per la festa di Purim, il rotolo di Ester si presta a riflettere sull’antigiudaismo, l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei, in preparazione alla Giornata della Memoria 2017 (27 gennaio). Presentiamo di seguito una breve introduzione al libro, e un contributo della filosofa e martire di Auschwitz alla sua lettura. Aggiungiamo anche un articolo tratto dall’Osservatore Romano del 26 1 2017 su Edith Stein.

 

Giornata della memoria, Antonella Lumini su Bonhoeffer, Stein, Popieluszko, Osservatore Romano 26 1 2017

 

Introduzione a Ester – a cura di Giulio Michelini ofm (Estratto e rivisto da: «La regina nascosta. Introduzione al libro di Ester», in G. Gillini – G. Michelini – M. Zattoni, Ester. La regina di Israele, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2011, 11-96)

 

Il libro di Ester nella Bibbia ebraica fa parte degli Scritti, la terza parte del canone dopo la Torah e i Profeti, e più in particolare, di quei “cinque rotoli” (Hamesh Meghillot) che contengono i testi proclamati durante le liturgie: proprio secondo un ordine “liturgico”, il primo di essi è il Cantico dei Cantici (letto a Pasqua), seguito da Rut (letto a Pentecoste), Lamentazioni (per la memoria della distruzione del Tempio), Qoèlet (letto alla Festa delle capanne), e l’ultimo è Ester, proclamato per l’ultima festa dell’anno, quella di Purim.

Il libro è “il” rotolo per eccellenza, è chiamato infatti la “meghillah”, grazie alla sua popolarità. Secondo Dionisio Candido, il rotolo di Ester avrebbe avuto fortuna, anzitutto, in un contesto familiare: proprio per il fatto che veniva conservato presso le famiglie, piuttosto che in sinagoga; da questo fatto, tra l’altro, sorsero problemi per riconoscerlo ispirato e “santo”. Ma ancor prima che il giudaismo ufficiale – intorno al I sec. d.C. – prendesse posizione sulla sua canonicità, Ester ebraico era già letto e ampiamente noto: «fu la sua popolarità a convincere dell’ineluttabilità del suo inserimento nel canone nascente. Al giudaismo, piuttosto, spettò il compito di trovare una giustificazione a quello che era ormai un dato di fatto»[1].

La diffusione del rotolo e la sua fortuna è testimoniata anche dal fatto che ogni casa di ebrei doveva averne una pergamena, molte volte artisticamente decorata; ancora oggi, è donato alle coppie in occasione del loro matrimonio.

Nella tradizione cristiana il libro di Ester è entrato a far parte dei “libri storici” (insieme agli altri scritti che nell’antichità si pensava avessero un contenuto essenzialmente storico, come Tobia o Giuditta, ma il cui genere letterario, come si dirà più sotto, viene ora visto in modo differente). Nella Chiesa Occidentale è stato unanimemente considerato canonico, mentre in quella Orientale spesso al libro è stato negato tale carattere (per es., non compare nell’elenco dei libri biblici di Melitone di Sardi, e non è accolto come ispirato da Atanasio e Gregorio Nazianzeno)[2]. Come si dirà più avanti, il libro è quasi completamente ignorato dai padri della Chiesa, che non vi dedicano alcun commento e quasi mai lo citano.

 

Il libro di Ester e l’antisemitismo

Nel libro di Ester vi è una delle più antiche testimonianze di avversione nei confronti del popolo ebraico. L’interpretazione del libro di Ester e il collegamento con la Shoah[3] si ritrova in studi sul libro, di taglio esegetico[4], ma anche in lavori di tipo filosofico, come quelli di Emmanuel Lévinas. Questi, commentando il trattato talmudico sulla Meghillah di Ester, parlava addirittura di una Passione di Israele, che è parte della sua storia difficile, storia che arriva «fino nella sua disperazione e nella sua morte nei campi di sterminio»[5]. Per un biblista del calibro di Walter Brueggemann, poi, «il libro di Ester deve essere letto con nuovo impegno ed attenzione, alla luce della tentata “soluzione finale” della Shoah»[6].

La questione della presenza/assenza di Dio nel libro di Ester (nome, quello di Dio, assente nel testo in ebraico), mentre sta per consumarsi il dramma dello sterminio degli ebrei nell’impero persiano, prende una forma storica, reale e tragica, che si esprime in una domanda ancor più dolorosa: se Dio ha salvato una volta il suo popolo col suo intervento provvidenziale, perché ha permesso poi che tanti suoi figli venissero sterminati? E come si può tollerare un tale silenzio di Dio? Il discorso che Papa Benedetto XVI pronunciò ad Auschwitz nel 2006, iniziava proprio così: «Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile, ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio, un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? […] Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?»[7]. La domanda di Benedetto XVI viene da molto lontano, e si era fatta strada già nella seconda metà dello scorso secolo, anche grazie ad ebrei come Elie Wiesel o Emil Fackenheim e Martin Buber, o cattolici come il teologo Johann Baptist Metz, i quali ritenevano che dopo Auschwitz la teologia dovesse cambiare, anzi, era già totalmente cambiata[8].

Un primo modo di rispondere alla domanda – se mai è possibile farlo – è quello di chi contesta la tradizionale teodicea ed arriva al punto di dire che «Auschwitz rappresenta l’evento che più d’ogni altro rifiuta di essere spiegato all’interno di una concezione provvidenzialistica della storia»[9]. Nel libro di Ester, a guardar bene, nemmeno un ebreo è stato ucciso: anzi, a morire sono stati Aman e ottocento nemici nella sola Susa (cf. Est 9,6.15) e altri settantacinquemila nell’intero regno (secondo Est ebraico, 9,16; quindicimila in Est greco, 9,16): il tema della Provvidenza, che percorre – sebbene in modo nascosto – il racconto del libro, sembrerebbe non applicabile alla storia della Shoah.

Arriviamo così ad un punto importante: e se la Shoah fosse la storia di Ester senza Dio? «Se recitassimo la storia di Ester? Senza Dio, promesso!» è proprio una delle battute del dramma di Wiesel che abbiamo ricordato sopra, Il processo di Shamgorod[10]. Nell’edizione inglese dell’opera il titolo è stato reso in modo più efficace, Processo a Dio, anche perché in quel villaggio europeo in cui è ambientata la vicenda, in un clima di odio e morte, mentre si riflette sull’ultimo pogrom che ha sterminato la comunità ebraica locale, la recita di Purim diventa un processo il cui l’imputato è Dio. La pièce teatrale è ispirata ad un fatto vero, che ebbe luogo nel campo di sterminio, quando il giovane Wiesel prese parte ad un processo tenutosi tra le baracche del lager, processo simile a quello che poi racconterà in seguito, in cui ad accusare Dio erano tre studiosi del Talmud. Il processo durò diverse notti, furono ascoltati testimoni, e alla fine il verdetto fu unanime: Dio, il creatore, doveva essere dichiarato colpevole di crimini contro l’umanità e contro il suo popolo[11].

Un altro modo di rispondere è quello di chi afferma che, nonostante il prezzo altissimo di vittime che sono state sistematicamente annientate nei campi di sterminio, Dio ha comunque difeso il suo popolo, perché la totale distruzione degli ebrei non ha avuto luogo e l’Israele di Dio sopravvive ancora. La storia del popolo di Dio sarebbe come quella delle ossa inaridite descritte dal profeta Ezechiele al cap. 37 del suo libro, simboleggianti l’Israele in esilio che finalmente torna a vivere e risorge dalla catastrofe.

L’idea che Dio non permetterà mai che il suo popolo, anche se gravemente provato, possa essere annientato, si ritrova anche in un midrash su Ester: «E Aman cercò di annullare tutti gli ebrei (3,6). A che cosa si può paragonare? C’era una volta un uccello che aveva costruito il nido in riva al mare, ma venne la marea e portò via il nido. Che cosa fece? Iniziò a riempirsi il becco di acqua e a sputarla sulla sabbia, più e più volte. Un suo amico venne e vide quello che stava facendo. “Perché ti sforzi tanto? Che cosa stai cercando di fare?” gli chiese. Egli rispose: “Non mi muoverò da qui finché non avrò fatto sabbia del mare, e mare della sabbia!”. Analogamente, Dio disse ad Aman: “Malvagio, tu cerchi di annullare tutti gli ebrei! Io ho cercato di farlo e non ci sono riuscito, come afferma il verso: Egli disse che li avrebbe distrutti, se Mosè, il Suo eletto, non fosse stato sulla breccia (Sal 106,23). E tu, Aman, credi che sarai in grado di farlo!”»[12].

Si può poi rispondere formulando un’ulteriore domanda. A quella su dove fosse Dio, dovremmo affiancare la domanda sull’uomo. Proprio il citato teologo cattolico J.B. Metz, in un suo saggio, scriveva: «La questione teologica, dopo Auschwitz, non è solo: Dov’era Dio ad Auschwitz? È anche: Dov’era l’umanità ad Auschwitz? […] Questa catastrofe ha spezzato le fasce di solidarietà fra tutti quelli che hanno un volto umano»[13].

Senza voler esagerare nei confronti tra la storia fittizia  narrata nel libro di Ester e la Shoah, dobbiamo dire che, almeno nella Meghillah, una luce nella notte della tragedia che stava per consumarsi è venuta da quella stella (il significato del nome Ester) che è stata capace di arginare il male incombente sul suo popolo. L’umanità, in Persia, durante l’esilio e la minaccia su Israele, si è fatta visibile e vicina con Ester; la nascosta si è rivelata come ebrea e ha interceduto per il suo popolo, che così si è salvato. Forse, nello sterminio nazista, l’umanità si era eclissata – come avviene per ogni totalitarismo – al punto che nessuna stella, come quelle che pure ci sono state, rappresentate dai tanti morti nei campi di sterminio (gli ebrei anonimi, o anche i martiri cristiani come Edith Stein, Massimiliano Kolbe, Dietrich Bonhoeffer, ecc.) hanno potuto fermare la mano a quell’Aman che per anni ha infierito sugli ebrei.

 

 

Edith Stein legge il libro di Ester

Ebrea, divenuta poi credente in Gesù Messia e convertitasi al cristianesimo, Edith Stein era nata il giorno di Kippur del 1891, coincidenza che fu interpretata come fortunata nella sua famiglia; entrata nel Carmelo per offrire la sua vita a Dio, la offrì anche per il popolo ebraico, come fece la regina Ester.

Da uno dei biografi della santa sappiamo che Teresa Benedetta della Croce si identificò con la regina ebrea, e che, in particolare, il gesto di quest’ultima, che inerme entra nella sala del trono del re Assuero, la ispirò nella sua opera di intercessione per il proprio popolo. Un testimone che poté parlare con la Stein prima che venisse portata ad Auschwitz, conferma che ella cercava in tutti i modi di poter salvare gli ebrei: «Fino alla fine ha sperato che la sua preghiera a Dio portasse salvezza per il suo popolo. Ma la salvezza che Edith Stein desiderava per il suo popolo dovette passare attraverso l’annullamento, come successe per Cristo»[14].

Uno dei riferimenti più toccanti al libro di Ester, tratto dalle sue memorie, è il seguente: «Sono certa che il Signore ha accettato la mia vita per tutti. Non posso fare a meno di tornare sempre a pensare alla regina Ester, che fu presa dal suo popolo per intercedere davanti al re in favore del suo popolo. Io sono una piccola Ester, molto povera e impotente, ma il Re che mi ha scelto è infinitamente grande e misericordioso»[15].

Ma quello sopra non è l’unico documento che provi l’attenzione della santa per la regina di Persia. La filosofa e monaca scrisse, un anno prima della sua morte, un componimento poetico intitolato Dialogo notturno, la cui protagonista è proprio Ester. Ci sembra una delle interpretazioni cristiane più belle del libro, quella di chi ha capito fino in fondo la storia della regina nascosta. Ne riportiamo alcuni stralci, dai quali, tra l’altro, si comprende che l’odio di Aman e la violenza che può essersi scatenata a Purim, possono essere sconfitti con l’amore: come quello che Ester ed Edith ebbero per Dio e per il loro popolo.

 

Edith Stein, Dialogo notturno[16]

Edith Stein immagina che di notte una misteriosa figura femminile entri in monastero e cominci a parlare con la madre priora: è la regina Ester, che racconta la propria storia iniziando dalla sua condizione di orfana…

Il buon zio [Mardocheo] mi guidò al vero Padre, al Padre nostro lassù in cielo. Il cuore dello zio ardeva di passione, in sacro fuoco per Dio e per il suo popolo. Per loro mi ha educata. Così sono cresciuta, lontana dalla patria eppur custodita come nel silente santuario del tempio. Lessi le sacre Scritture del popolo, che allora viveva in terra straniera in schiavitù e supplicavo con fervore, che il Salvatore per lui giungesse. I messi del Re percorrevano la terra cercando la sposa, la più bella, per il Re. Venni condotta a corte, e non sapevo. Lo sguardo del Signore si posò sulla povera serva. Sì, fu proprio duro. Era però volere di Dio, ed io rimasi alla corte del Re, povera serva del Signore. Il fedele zio mi aveva seguita. Egli venne infatti spesso alla porta del Palazzo per portarmi notizie del nostro popolo: necessità e pericoli. Così venne il giorno, in cui avvicinai il Re, per implorare la salvezza dal nemico mortale. Dal suo sguardo dipendeva la vita o la morte. Mi appoggiai alla spalle delle mie ancelle. Non temetti l’ira del mio sposo. Con sguardo amico mi accolse… Così dalle mani di Aman l’Altissimo Signore attraverso Ester, la sua serva, ha salvato il suo popolo”.

Poi il poemetto passa ad evocare il presente e il dramma della Shoah… La priora incalza Ester con una domanda:

“Ed oggi un novello Aman con odio amaro gli ha giurato strage. È per questo che Ester è ritornata?”

Ester risponde:

“Sì lo hai detto. Sì io erro per il mondo, per implorare rifugio per il popolo senza patria, sempre scacciato e calpestato, ma che pure non può mai morire”.

 

Note

[1] D. Candido, I testi del libro di Ester, Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma 2005, 306-307.

[2] Cf. F.W. Bush, Ruth-Esther, WBC 9, Word Books, Dallas, TX 1996, 275.

[3] La parola biblica shoah non compare nel libro di Ester; si trova invece in testi profetici (ad es. Is 10,3 o 47,11, e nella letteratura sapienziale, Gb 30,3; Pr 1,27), ad indicare, tra l’altro, la distruzione e la totale rovina, oppure anche la solitudine e la devastazione; cf. P. Overland, «Shoah in the World of the Sages», Shofar 23 (2005) 9-18.

[4] Cf., ad es., M.A. Sweeney, «Absence of G-d and Human Responsibility in the Book of Esther». Altra bibliografia sull’argomento alla n. 2. Più in generale, su Ester e l’antisemitismo, vedi anche J. Berman, «Aggadah and Anti-Semitism: The Midrashim to Esther 3:8», Judaism 38 (1989) 185-196.

[5] E. Lévinas, «Per un posto nella Bibbia (Trattato Megilla 7a)», in Nell’ora delle nazioni. Letture talmudiche e scritti filosofici-politici, Jaca Book, Milano 2000, 35.

[6] W. Brueggemann, An Introduction to the Old Testament. The Canon and Christian Imagination, WJK, Louisville, KY 2003, 348.

[7] Discorso al campo di Auschwitz-Birkenau, 28 maggio 2006, durante il viaggio apostolico in Polonia.

[8] Cf. H. Wahle, Ebrei e cristiani in dialogo. Un patrimonio comune da vivere, Paoline, Milano 2000, 178-179.

[9] Così viene riassunta la posizione da A. Aguti, «Male radicale e silenzio di Dio. La teologia dopo Auschwitz», in E. Donaggio – D. Scalzo, ed., Sul male. A partire da Hannah Arendt, Meltemi Editore, Roma 2003, 100.

[10] E. Wiesel, Il processo di Shamgorod, 30.

[11] In modo simile, nella sua opera più famosa, La notte, scritta nel 1960, Wiesel, educato ad iniziare la preghiera con una berakhah, la benedizione, scrive: «Sia benedetto il nome dell’Eterno! Ma perché, ma perché benedirLo? Tutte le mie fibre si rivoltano. Per aver fatto bruciare migliaia di bambini nelle fosse? Per aver fatto funzionare sei crematori giorno e notte, anche di sabato e nei giorni di festa? Per aver creato nella sua grande potenza Auschwitz, Birkenau, Buna e tante altre fabbriche di morte? Come avrei potuto dirGli: “Benedetto Tu sia o Signore, Re dell’Universo, che ci hai eletto fra i popoli per venir torturato giorno e notte, per vedere i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli finire al crematorio? Sia lodato il Tuo Santo Nome, Tu che ci hai scelti per essere sgozzati sul tuo altare?» (E. Wiesel, La notte, Giuntina, Firenze 1994, 69). Paradossalmente, la storia vera che ispira Il processo di Shamgorod – dopo che Dio è trovato colpevole – finisce con una preghiera: «E poi, subito dopo quello che Wiesel descriverà come un “silenzio interminabile”, gli studiosi talmudici alzarono gli occhi al cielo e dissero: “È ora della preghiera”, e i membri del tribunale cominciarono a recitare le preghiere della sera» (R. McAfee Brown, «Introduction», in E. Wiesel, The Trial of God,  Schocken, New York 1995, viii).

[12] Yalkut Ester, 1056. Cf. E. Kitov, Sèfer Hatoda’à. Il ciclo dell’anno ebraico, II, Adàr – Nissàn, Morashà, Milano 2007, 53-54.

[13] J.B. Metz, «Tra la memoria e l’oblio. La Shoah nell’epoca dell’amnesia culturale», in E. Boccarini – L. Thorson, ed., Il bene e il male dopo Auschwitz. Implicazioni etico-teologiche per l’oggi, Atti del Simposio internazionale (Roma, 22-25 settembre 1997), Paoline, Milano 1998, 59.

[14] W. Herbstrith, Edith Stein. Vita e testimonianze, Città Nuova, Roma 20005, 131.

[15] E. Stein, Selbstbildnis in Briefen. Zweiter Teil (1934-1942), Herder, Freiburg – Basel – Wien 1977, 121.

[16] Riprendiamo dalla traduzione di Cristiana Doveri, in E. Stein, «Ester. Piccola composizione sacramentale», Communio. Rivista internazionale di Teologia e Cultura (I sacramenti nella vita del cristiano) 166 (1999) 44-48. Un bel commento alla composizione della Stein si trova alle p. 49-60 dello stesso numero, a cura sempre di C. Doveri.