
Le tentazioni di Cristo nell'arte - Un contributo di Micaela Soranzo
ICONOGRAFIA DELLE TENTAZIONI DI CRISTO
Gli episodi delle tentazioni di Cristo riportate dai Vangeli sinottici avvengono durante il periodo di penitenza che Gesù affronta dopo il battesimo e prima della vita pubblica, ritirandosi nel deserto per digiunare e pregare quaranta giorni e altrettante notti. Mentre Marco riferisce in breve che fu tentato dal demonio e poi servito dagli angeli, gli altri due vangeli riferiscono anche quali furono le tentazioni a cui satana lo sottopose. Il racconto viene presentato da Matteo secondo una precisa progressione spaziale, passando da un luogo ‘basso’ a un luogo ‘alto’: la prima tentazione, infatti, avviene nel deserto, la seconda sul pinnacolo del Tempio, la terza su una montagna altissima. L’ordine delle tentazioni non è lo stesso per Luca, che racconta come Gesù vada subito dal deserto a Gerusalemme. La chiave di lettura della narrazione, però, in entrambi i casi, è data dalle risposte al diavolo, poiché tutte e tre le volte viene citato il libro del Deuteronomio: come il popolo d’Israele, anche Gesù è uscito dall’Egitto, “dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Mt.2,15; Os.11,1), ha attraversato il Mar Rosso, mediante il suo battesimo, e ora si sottomette all’esperienza solitaria e dolorosa della prova; rivivendo quello che il suo popolo ha passato, egli ricapitola la storia della salvezza compiuta da Dio con Israele.
Nel Vangelo di Marco, invece, Gesù è raffigurato più chiaramente come il nuovo Adamo, che dà inizio a una nuova possibilità di paradiso; la convivenza pacificata tra uomo e bestie feroci era, infatti, uno dei temi con cui si alludeva al tempo escatologico.
Le più antiche rappresentazioni delle tre tentazioni sembrano risalire al periodo carolingio, ma a partire dall’anno 1000 vengono regolarmente raffigurate nei manoscritti. In una miniatura del Libro di Kells (VIII sec.) Cristo è rappresentato in modo molto stilizzato in cima a una forma triangolare, probabilmente la montagna, con il diavolo precipitato a destra e una folla di volti di angeli a sinistra.

Nell’arte romanica è quasi sempre in piedi di fronte a un mostro ripugnante, che incarna Satana, come nella chiesa di Saint-Pierre a Chauvigny, dove il demonio tende una grossa pietra a Gesù, che alza la mano per respingerla o su un capitello della cattedrale di Autun, in cui lo si vede insidiato da un orribile mostro appollaiato su una torre, simbolo della città di Gerusalemme, che gli offre le ricchezze del mondo; Gesù, però, è protetto da un angelo che sta dietro di lui.
Innumerevoli sono le sculture e le pitture su questo tema presenti negli edifici romanici. Fra quelli più curiosi vi sono due capitelli borgognoni del XII sec.: il primo, nella chiesa di Saulieu, mostra la Vergine in piedi dietro al Figlio e poichè i Vangeli non la nominano, c’è da pensare che l’artista veda la presenza di Maria come colei che aiuta il Figlio a trionfare sul male; il secondo è a Plaimpied, dove si vede Gesù seduto su un tronco d’albero: qui, invece di unire le mani per indicare che tramite la preghiera si vince la tentazione, tiene sulle ginocchia il libro della Scrittura, che si appresta a citare e dalla quale sono riprese tutte le sue risposte vittoriose al demonio. Il capitello di Plaimpied presenta un’altra particolarità molto rara: Cristo è inquadrato tra due demoni, il cui contorno dei corpi disegna una specie di parentesi. Veramente unica è l’immagine della tentazione di Cristo dipinta sul soffitto della chiesa di Zillis (1180), in cui è raffigurato il diavolo che mostra il mondo, posto al centro della figura, sotto forma di carta geografica medievale, cioè nel modo in cui era rappresentata la Terra nelle carte del tempo.

Nella maggior parte delle immagini viene rappresentata solo la prima tentazione, pertanto sono poche le opere che descrivono i tre momenti del racconto, come avviene nella lunetta della Porta degli Orafi a Santiago de Compostela, nei mosaici del duomo di Monreale o in quelli nella Basilica di S.Marco a Venezia; qui si vede prima Cristo davanti a un diavolo alato che gli porge cinque pietre, poi Cristo in piedi su una specie di trono posto sopra le mura merlate e infine sopra una montagna sulla cui cima splendono coppe e pietre preziose; il diavolo è rappresentato prima davanti a lui e poi che precipita dalla montagna. Vicino a Gesù vi sono tre angeli. A Santiago, invece, la composizione è molto sintetica e comprende una sola immagine di Cristo, che indossa una veste pesante e piega le braccia contro il corpo per proteggersi; è in piedi su un cornicione come si trovasse sul frontone del Tempio evocato dalla seconda tentazione. Di fronte a lui due mostri alati lo sfidano; il primo demonio, dal volto umano inginocchiato su delle pietre, rappresenta la fame; il secondo, dall’aspetto scimmiesco, sembra indicare con un ampio gesto della mano il mondo e simboleggia la potenza e la ricchezza. Fra Gesù e i tentatori vi è un albero attorno al quale è avvinghiato un serpente, chiara allusione al peccato originale, che prefigura le tentazioni evangeliche. Alcuni angeli sono discesi dal cielo per assistere Gesù nella prova e uno di questi fa oscillare un turibolo. Anche nella tentazione degli affreschi di Brinay, dove il diavolo lascia cadere delle pietre che si accumulano ai suoi piedi, sono presenti degli angeli, ma in questo caso tendono le braccia verso Cristo sfinito nella sua resistenza al male e vengono a servirlo. In un capitello della chiesa di Saint-Nectaire, in Alvernia, è un angelo con il saio da monaco ad incensare Gesù.
Per quanto riguarda quest’episodio in cui gli angeli, dopo le tentazioni, si mettono al servizio di Cristo, le ‘Meditazioni dello Pseudo Bonaventura’ (XIII sec.) forniscono particolari gustosi. Cristo, vittorioso, ma stancato dalla discussione, avrebbe chiesto agli angeli, che gli facevano da guardia del corpo, di portargli del cibo cucinato dalla Madonna, la cui modesta cucina casalinga lui preferiva. “Gli angeli andarono dalla Vergine e ricevettero da lei un po’ di ragù che lei aveva preparato per Giuseppe e per se stessa. Gli donò anche del pane, una tovaglia e tutto ciò che era necessario. Tornati presso il Signore, gli angeli fecero solennemente la benedizione del cibo”.
Nel XVII sec. l’episodio degli angeli è raffigurato, tra gli altri, da Giovanni Lanfranco in un dipinto, ora al Museo di Capodimonte, in cui Cristo è in un bosco, assistito dagli angeli, che gli servono vivande: in altri dipinti ci sono gli angeli che gli lavano le mani. Nel racconto delle tentazioni si possono identificare, infatti, momenti diversi: prima di tutto vi è il digiuno e la solitudine di Gesù nel deserto in compagnia solo degli animali poi, nell’ordine, le tre tentazioni.
Duccio di Buoninsegna nel XIV sec. rappresenta la seconda e la terza tentazione in due tavolette della predella della ‘Maestà’ di Siena; nella seconda vediamo Cristo e il diavolo, che gli ordina di gettarsi nel vuoto, affacciati ad una loggia di un edificio; nell’altra Cristo è su un monte da cui domina un paesaggio urbano e con il braccio allontana il diavolo mentre gli angeli alla sua destra sono pronti a soccorrerlo. Qui Duccio vuole mostrare il diavolo nella sua originaria essenza di angelo ribelle e nel XV sec. anche Lorenzo Ghiberti riprende questo tema compositivo in una porta del battistero di Firenze, raffigurando il diavolo con zampe d’uccello e ali di pipistrello. Da questo momento in poi, operò, il demonio tende a perdere la mostruosità dei secoli precedenti e appare con sembianze umane. La rappresentazione del diavolo tentatore è, infatti, piuttosto imbarazzante per gli artisti, che sembra abbiano esitato fra due formule opposte: alcuni lo immaginano sotto una forma più disgustosa possibile, in genere coperto di peli con corna sulla fronte, ali di pipistrello e piedi adunchi; altri, riflettendo che sotto questo aspetto il diavolo non avrebbe potuto sperare di ingannare il Cristo, lo fanno apparire sotto un aspetto rassicurante, travestito da angelo o da monaco. E’ la formula che prevale all’inizio del rinascimento nell’arte italiana o presso i romanisti dei Paesi Bassi.
Nella Cappella Sistina Botticelli affresca le tre tentazioni e ritrae il diavolo che indossa un saio con cappuccio, forse vestito da francescano o da eremita, che si appoggia a un bastone a forma di tau, ma ha piedi con artigli e ali di pipistrello. Nella terza scena Cristo fa precipitare il tentatore ormai smascherato il cui corpo, rimasto completamente nudo dal saio svolazzante, rivela chiaramente l’aspetto diabolico; alle spalle di Cristo tre angeli preparano un pasto sopra un tavolo. Questo anacronismo nel vestito sembra di una ingenuità sconcertante, ma agli occhi di un fiorentino del XV sec. questo travestimento evidenziava bene la malizia del diavolo, che si faceva frate per meglio ingannare. Nella tela di Juan de Flandes in primo piano vediamo la prima tentazione, ma in secondo piano, a destra e a sinistra, vi sono anche la seconda e la terza: anche qui il demonio, che si avvicina a Gesù con un grosso sasso in mano, è vestito con una specie di saio monastico, ma lo si può riconoscere per la barba a punta e le piccole corna sul capo.
Nel suo retablo nella cattedrale di Salamanca Nicola Fiorentino rappresenta anche lui il demonio vestito da monaco, con le ali di pipistrello e due corna a punta, che escono dal cappuccio e una celebre stampa di Luca de Leyde traduce in olandese lo stesso concetto. Il demonio, che tende una pietra a Gesù, si nasconde sotto il cappuccio di un frate, ma sotto il vestito si vedono spuntare dei piedi di caprone e dietro le spalle un serpente fa uscire una lingua velenosa. Nel XVI sec. Tintoretto rappresenta la ‘Tentazione del pane’ in una tela in cui Cristo, ritratto sotto una rustica tettoia, riceve la visita di un diavolo che ha l’aspetto di un angelo con le ali rosse e gli porge due pietre. I pochi esempi dei secoli successivi ricalcano sempre questi modelli.
Nello stesso periodo Paolo Veronese raffigura la prima tentazione in un dipinto, ora alla Pinacoteca di Brera, in cui è rappresentato anche il Battesimo di Gesù. Infatti, secondo la teologia di Matteo, Cristo è già stato tentato proprio dal Battista, poiché in Mt.3,14 si legge che mentre Gesù gli chiede di essere battezzato “Giovanni voleva impedirglielo”. La tela di Veronese assume un particolare significato per la sua iconografia: qui mette insieme due episodi della vita di Cristo, il suo Battesimo, confinato nella parte sinistra del dipinto, con numerosi personaggi quasi rannicchiati all’interno di una densa macchia frondosa, la cui oscurità è rotta solo dalla luce luminosissima emanata dall’apparizione della colomba dello Spirito santo, e l’episodio in cui Cristo viene tentato dal demonio, con le due figure isolate, in scala molto più piccola, proiettate davanti a un amplissimo paesaggio che presenta, sullo sfondo una città con templi e ville. Sono riuniti in questo dipinto due degli elementi che la religiosità post tridentina indicava come fondamentali alla salvezza umana, il Battesimo e la capacità di resistere alla tentazione della carne.
In chiave iconografica vi sono state anche altre interpretazioni del testo; infatti la vittoria di Cristo sul demonio è spesso accostata alla lotta di S.Michele contro il Maligno, in opposizione alla caduta di Adamo che si è lasciato sedurre dal serpente, o la tentazione a trasformare le pietre in pane è interpretata più di una volta in senso eucaristico.I regni offerti a Gesù sono, poi, spesso raffigurati nelle miniature da città fortificate. Nel Libro delle Ore, “Tres Riches Heures de Duc de Berry”, Paul Limburg ha ingegnosamente simboleggiato le ricchezze del mondo con il fiabesco castello di Mehun-sur-Yèvre, residenza favorita da Giovanni di Berry .
Il tema delle Tentazioni di Cristo ha continuato ad essere rappresentato fino ai giorni nostri, ma è particolarmente interessante la tela di Ivan Kramskoj pittore russo del XIX sec., fondatore del gruppo degli ‘ambulanti’, che si proponeva di risvegliare la coscienza religiosa del popolo mediante soggetti intimi e commoventi espressi in un linguaggio realistico. Egli riprende il tema del deserto e raffigura Gesù drammaticamente solo seduto su una roccia, con un’espressione di stanchezza e di disperazione: è un esempio della tendenza dell’arte contemporanea interessata sì al tema delle tentazioni, ma al di fuori del riferimento specifico al racconto evangelico, privilegiando invece l’aspetto psicologico di Gesù uomo, tentato, solo e spesso disperato. Altri due esempi significativi, in contesti culturali diversi e molto lontani da Kramskoj, sono una stampa di Otto Dix, con un Gesù piangente e quasi avvolto da un demonio nero, e una vetrata della cattedrale episcopale di Atlanta, negli Stati Uniti, dove Gesù vestito di bianco, con le mani appoggiate su una roccia, tiene il capo reclinato, quasi per non vedere, solo, in un paesaggio al tramonto.