La Pentecoste nell'arte - Un contributo di Micaela Soranzo
ICONOGRAFIA DELLA PENTECOSTE
- Il tema della Pentecoste ha avuto una diffusione molto ampia nei Cicli pittorici fino alla Controriforma, quando assume carattere autonomo. Poteva, infatti, sembrare illogico far rientrare la Discesa dello Spirito Santo nel Ciclo della Glorificazione di Cristo, poiché Cristo è assente da questa scena, mentre gli apostoli sono riuniti attorno alla Vergine che, malgrado le si attribuisca un posto al centro del gruppo, ha però un ruolo secondario in questo episodio della ‘glossolalia’.
Nel Vangelo di Giovanni Gesù promette agli apostoli che il Padre manderà uno Spirito Consolatore, “un altro Paraclito”, “lo Spirito della verità che procede dal Padre” (Gv.14,16; 15,26). Lo stesso concetto è espresso nel Vangelo di Matteo a proposito della predicazione di Giovanni Battista, “egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt.3,11).
E’ dunque Cristo il personaggio principale della Pentecoste e anche da Atti 2,33 si deduce che la luce che investe gli Apostoli è emanata dal Risorto; tuttavia nelle rappresentazioni della Pentecoste il Figlio di Dio non compare mai. I raggi o le lingue di fuoco generalmente provengono da una colomba, simbolo dello Spirito Santo e talvolta assumono la forma di nastri o funi che si fermano su ciascun apostolo; raramente la colomba è sostituita dalla mano di Dio, ma a volte i due simboli possono essere riuniti, come nel chiostro di Santo Domingo de los Silos, dove la colomba, affiancata da due angeli e sormontata dalla mano divina, emerge dalle nubi raffigurate da linee sinuose. Anche in una vetrata della chiesa di Le Champ-près-Froges (Isère), la colomba è sostituita dalla mano di Dio, che emana otto raggi. Ancor più di rado appaiono lateralmente le immagini della luna e del sole, che si trovano di solito nella Crocifissione, come si può vedere nella lunetta della chiesa di Perse a Espalion; qui il gruppo dei Dodici è allineato nel registro superiore e dalle nubi emerge una colomba che illumina i discepoli, mentre le immagini antropomorfe del sole e della luna inquadrano la composizione.
E’ sempre presente, dunque, lo Spirito, che può anche essere rappresentato come una ruota fiammeggiante attorno alla quale si raggruppano gli apostoli; così è raffigurato nel Libro delle Pericopi (X sec.), ora alla Biblioteca di Monaco, o nella Bibbia di Floreffe (XII sec.), dove si vedono gli apostoli seduti nella parte inferiore di un enorme disco, che ricevono i raggi emessi dalle sette colombe dello Spirito Santo. Sempre l’immagine delle sette colombe, ma che escono dai raggi della mano divina, è raffigurata anche in un Evangeliario del 1173.
In certe miniature bizantine, inoltre, lo Spirito Santo non scende direttamente sugli apostoli, ma sul trono dell’etimasia, dove sta il Libro dei Vangeli ed è da lì che scaturiscono i raggi. L’etimasia con la colomba posta sopra il trono e i raggi di luce c’è anche nel mosaico della cupola della Pentecoste nella Basilica di San Marco a Venezia: attorno ci sono solo gli apostoli e fra essi Paolo, posto di fronte a Pietro. Le rappresentazioni della Pentecoste sono presenti, dunque, già nelle miniature e nei mosaici dei primi secoli, come pure nell’arte romanica e gotica, ma si moltiplicano soprattutto alla fine del Medioevo per la fondazione della ‘Confraternite del Santo Spirito’ e dopo il XVI sec. con l’istituzione da parte di Enrico III dell’Ordine di Santo Spirito.
La fonte iconografica di questo episodio si trova negli Atti degli Apostoli e la simbologia legata al testo ha influito uniformemente sia sull’arte orientale che occidentale, tanto che non vi sono grandi differenze di rappresentazione. Iconograficamente si distinguono due tipi principali di raffigurazione a seconda se sia presente o meno la Vergine.
Nel primo caso tutti gli artisti sono concordi nell’attribuire alla Vergine il posto centrale, se non il ruolo principale, nella scena della Pentecoste. Questa presenza può sorprendere, poiché Maria aveva già ricevuto lo Spirito Santo il giorno dell’Annunciazione e non aveva bisogno di riceverlo una seconda volta; inoltre la sua presenza non è menzionata esplicitamente negli Atti. La sola giustificazione a questa tradizione iconografica è un passaggio del capitolo precedente il racconto della Pentecoste, dove si dice che gli Apostoli, riuniti a Gerusalemme in una stanza alta, cioè nel piano principale della casa, “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (At.1,14).
Questo non significa assolutamente che la Vergine fosse con loro il giorno di Pentecoste; è una semplice supposizione teologica che si è imposta agli artisti facilmente, poiché essi avevano l’abitudine di raffigurarla in mezzo agli apostoli anche nella scena dell’Ascensione. Madre adottiva di Giovanni e Regina del cielo, ella fu considerata fin dall’inizio come la regina e la madre spirituale dei dodici apostoli (Regina et Mater Apostolorum). Per quanto riguarda la presenza di alcune donne ne troviamo testimonianza, ad esempio, nella tela della Pentecoste di Tiziano per la Chiesa della Salute a Venezia.
Si può ammettere che qui Maria, come nella scena dell’Ascensione, rappresenta la Chiesa, di cui gli apostoli sono i messaggeri. Essi formano un cerchio attorno alla Vergine che presiede l’assemblea e spesso è in piedi ed è più alta di loro, perché si vuole sottolineare la sua superiorità; sopra le loro teste plana la colomba dello Spirito Santo che lascia cadere una pioggia di fiamme o di lingue di fuoco. Subito i Dodici si mettono a parlare tutti insieme, gesticolando, perché hanno ricevuto il dono delle lingue e il Cenacolo diventa una piccola ‘Torre di Babele’; essi fanno anche ‘gesti d’allocuzione’ per indicare che stanno conversando con idiomi diversi, come nella tela di El Greco al Prado (XVII sec.), mentre Maria, che ha già ricevuto lo Spirito Santo, ha un ruolo simbolico, ma non attivo. Nella Bibbia di San Paolo fuori le Mura gli apostoli radunati in un luogo simile a una cinta fortificata, mostrano il loro poliglottismo facendo gesti oratori più o meno veementi. Davanti al muro ottagonale dell’edificio dove si compie l’evento, alcuni gruppi di ebrei manifestano il loro stupore. Anche in una miniatura medievale si può vedere questa scena posta su due piani: al piano superiore della casa si vede l’interno della stanza dove si compie il prodigio dello Spirito Santo, mentre nella parte inferiore, fuori della porta ci sono alcuni personaggi con abiti e copricapo diversi, che indicano la scena soprastante e probabilmente rappresentano i popoli a cui poi gli apostoli rivolgeranno la parola.
Duccio di Boninsegna, invece, nella sua Pentecoste vuole evidenziare anche un altro elemento del racconto, il ‘vento impetuoso’ che spalanca la porta del Cenacolo.
Diversamente Giotto, ad Assisi e a Padova, si caratterizza per l’originale impianto architettonico-spaziale, per lo Spirito che si manifesta sotto forma di raggi luminosi e per l’assenza di Maria. Infatti talvolta i Dodici sono riuniti nella stanza alta, ma tra loro non c’è la Vergine, come nel mosaico di Monreale.
L’iconografia orientale presenta la Pentecoste come prefigurazione della prima comunità cristiana: Matteo ha preso il posto di Giuda e tra i dodici compaiono Paolo e gli evangelisti Luca e Marco.
La Vergine, presente nelle immagini dell’Ascensione fino al XVII sec., spesso manca nelle icone della Pentecoste e il posto vuoto tra Pietro e Paolo evoca la presenza dello Spirito di Cristo: è lui il Consolatore. Gli apostoli rappresentano la comunità dei credenti che si apre all’azione dello Spirito; infatti le lingue di fuoco si dividono dal centro come zampilli di una fontana spirituale e si posano sulle loro teste; sotto si vede il vecchio mondo prigioniero, che attende di essere liberato dalle tenebre del male attraverso l’effusione dello Spirito. Secondo questa iconografia le popolazioni che saranno evangelizzate dagli apostoli, sono personificate dalla figura del Cosmo che, ha l’aspetto di un re incoronato e, in piedi davanti alla porta del Cenacolo, regge con le mani un panno steso che contiene i dodici rotoli corrispondenti alle predicazioni apostoliche. Questa allegoria del Cosmo, che traduce il passaggio delle Scritture sullo Spirito di Dio che riempie il mondo, è rimasto estraneo all’iconografia occidentale. C’è chi erroneamente ha supposto che il misterioso personaggio rappresentasse il re David o anche il profeta Gioele, che fa dire a Dio: “Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo” (Gl.3,1).
L’iconografia della Pentecoste a volte, però, è stata associata all’Ascensione o confusa col tema, molto simile, della Missione evangelizzatrice affidata da Cristo agli Apostoli; in realtà si tratta di una scena diversa riportata non dagli Atti, ma dal Vangelo di Matteo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt.28,19) e iconograficamente si differenzia dalla Pentecoste per la presenza di Cristo che emana lui stesso i raggi di luce.
La più celebre rappresentazione di questa scena la possiamo vedere nella lunetta del timpano centrale del nartece della basilica di Vézelay. Erroneamente Mâle l’ha riconosciuta come una Pentecoste, dove al centro della composizione troneggia Cristo, gigantesco dentro la mandorla, che stende le sue braccia e mostra il palmo delle mani bucate da cui partono i raggi di luce che vanno a posarsi sul capo degli apostoli, seduti di fianco a lui con il libro aperto nelle mani. Attorno alla lunetta e sull’architrave, un brulichio di personaggi rappresenta il popolo al quale è destinata la Parola; la diversità fra loro si esprime nei differenti abbigliamenti: chi ha la tunica corta e chi lunga; chi porta un berretto e chi è a capo scoperto. Anche popolazioni lontane ed esotiche sono raffigurate mediante caratteristiche singolari; ci sono, ad esempio, i Pigmei che sono più piccoli dei cavalli o gli Sciti dalle orecchie enormi, o le tribù selvagge rappresentate da guerrieri seminudi armati di arco e frecce: tutti costoro si dirigono verso san Pietro che, con le chiavi in mano, li accoglie nella sua Chiesa. Questa composizione, una delle più straordinarie della scultura romanica, illustra magnificamente l’universalità del Cristianesimo. Questo tema non è l’unico nell’arte francese del XII sec.: appare, infatti, per la prima volta in Borgogna in una miniatura del 1100 nel Lezionario di Cluny, che forse ha potuto ispirare lo scultore di Vézelay.
Il soggetto rappresentato non è il racconto di ciò che avviene nel Cenacolo cinquanta giorni dopo Pasqua, ma l’Apparizione di Cristo risorto agli Apostoli: l’iconografia del timpano di Vézelay, come altre simili del XII sec. sono state definite delle ‘Pseudo-Pentecoste’.
Il tema della Pentecoste è stato rappresentato dall’arte cristiana di tutti secoli e, si può affermare oggi, anche da tutte le culture. Infatti, troviamo esempi iconografici di questo episodio anche in popolazioni cristiane extraeuropee come l’India o la Thailandia: è interessante notare in questi casi come, al di là dell’inculturazione che porta a raffigurare gli apostoli e Maria con i costumi propri di quel paese, lo schema iconografico è sempre il medesimo, soprattutto per quanto riguarda le fiammelle dello Spirito Santo.
L’arte contemporanea è veramente stimolata da questo racconto e sono diversi gli artisti che lo hanno affrontato, chi in maniera più tradizionale come Evola D’Anna, che ripresenta la Vergine in mezzo agli apostoli con sopra la colomba e le fiammelle dello Spirito Santo e chi, invece, ha voluto attualizzare il messaggio, come Romano Perusini che nella sua Pentecoste presenta un gruppo di uomini e donne dei nostri giorni, chiusi nel loro grigiore e nelle loro paure, che vengono invasi da un cono di luce che scende dall’alto e i cui colori riprendono quelli tradizionali dello Spirito Santo.