Il racconto della Presentazione di Gesù al Tempio si trova solo nel Vangelo di Luca (2,22-38) e generalmente questa scena è rappresentata nel Ciclo dell’Infanzia, dopo l’Adorazione dei Magi e prima della Fuga in Egitto o del Battesimo. L’episodio della Presentazione al Tempio è spesso associato anche alla Purificazione della Vergine e alla festa della Candelora, durante la quale vengono benedetti dei ceri che poi sono portati in processione: le tre feste sono celebrate insieme il 2 febbraio, quaranta giorni dopo Natale.
Maria e Giuseppe, infatti, si recano al tempio per consacrare il figlio al Signore, come prescritto dalla legge mosaica, che prevedeva il sacrificio a Dio di ogni primogenito, che poteva essere riscattato pagando cinque sicli d’argento (Nm.18,15-16). La madre, poi, era ritenuta impura per sette giorni dopo la nascita del figlio e per altri trentatré giorni non poteva entrare nel santuario fino al rito della purificazione, che avveniva tramite il sacrificio di un agnello e di una tortora o colombo, ma “se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi”: era il sacrificio dei poveri (Lv.12,1-8).
La prima notizia di una festa della Presentazione al Tempio celebrata a Gerusalemme si trova nella ‘Peregrinatio Etheriae’, resoconto del viaggio di una pellegrina del IV secolo, che parla di una festa dell’incontro o Hypapanto, titolo con cui venne recepita in Occidente nel VII secolo.
Di origine occidentale è invece la liturgia della luce, che si apre con la benedizione delle candele, che secondo quanto afferma anche Jacopo da Varagine nella Leggenda Aurea, avrebbe avuto origine dalla cristianizzazione dei riti di luce pagani legati a Roma alle feste dei Lupercali o di Proserpina, che ponevano fine al ciclo invernale.
La Presentazione di Gesù al Tempio compare raramente nell’arte precedente il periodo iconoclasta, benché la Chiesa orientale già nel IV sec. dedicasse a questo evento una particolare festività volta a commemorare la circoncisione di Gesù (Lc.2,22-40): è, infatti, una delle Dodici Feste.
Nel VI sec. la festa fu introdotta a Costantinopoli e poi nel VII sec. giunse a Roma con Papa Sergio, ma dal regno di Carlo Magno la Presentazione di Gesù divenne in Occidente una festa mariana.
Nell’iconografia orientale la scena si svolge all’interno del santuario dove Simeone va incontro a Maria, abbraccia il Bambino e profetizza su entrambi. Altre due persone partecipano all’incontro, formando una piccola processione: Anna e Giuseppe. Nell’icona della Presentazione sono stati anche rilevati alcuni interessanti parallelismi: Simeone riceve Gesù come Isaia riceve sulle labbra il carbone ardente (Is.6,7); Giuseppe, come nell’icona della Natività, rappresenta l’umanità incredula davanti al mistero; Simeone e Anna richiamano le figure di Adamo ed Eva nell’immagine della Discesa agli Inferi; la tenda rappresenta il velo del tempio e i lembi del manto del Signore che riempiono il Tempio secondo la visione di Isaia. Le porte del santuario sono chiuse e Simeone scende i gradini del ciborio, dove si conservano i pani dell’alleanza. La scena si svolge all’interno del recinto sacro, anche se le figure sono simbolicamente rappresentate all’esterno.
Da questa rappresentazione è derivata poi la rara icona del vecchio Simeone, immagine del popolo che incontra la salvezza in Cristo, che è rappresentato con il Bambino tra le braccia, a mezzo busto o a figura intera e l’iscrizione sull’icona dice: “Colui che porta (riceve) Dio”.
L’episodio della Presentazione al Tempio è, comunque, abbastanza complesso, perché analizzandolo si ritrovano tre o quattro motivi iconografici: la Presentazione del Bambino, l’offerta di purificazione della madre, la processione delle candele e il Cantico di Simeone (Nunc dimittis).

La più antica rappresentazione conservata è quella del mosaico sull’arco trionfale di S.Maria Maggiore a Roma (V sec.). La Vergine, che indossa il diadema e gli abiti imperiali, entra nel Tempio portando in braccio il Bambino, che è coronato da un’aureola blu e vestito con la tunica e il pallio. Maria è preceduta da Giuseppe e da un angelo, mentre altri due la seguono; dalla parte opposta avanzano Simeone, con le mani coperte da un velo, che si inchina guardando Gesù, Anna, mentre annuncia che Cristo redimerà Israele, e infine i servitori del Tempio. Sullo sfondo un colonnato conduce alla facciata, dove sui gradini stanno le due colombe. Altri esempi che seguono una simile iconografia si possono trovare in un affresco di S.Maria Antiqua a Roma (VII sec.), nel ciclo carolingio della chiesa di Müstair, in quello di S.Maria Foris Portas di Castelseprio, o nell’altare di Vuolvinio a S.Ambrogio di Milano (IX sec.).
Il numero e la posizione dei personaggi non è fissa, anche se generalmente Maria avanza da sinistra mentre Simeone le viene incontro da destra. Egli ha spesso le mani coperte secondo il cerimoniale in segno di rispetto e adorazione, pronto ad accogliere il Bambino. Questo rito orientale si ritrova nel Battesimo di Cristo dove sono gli angeli ad avere le mani velate.

Vi sono principalmente due modelli iconografici: nella prima versione la Vergine tende il bambino al vecchio Simeone, che si prepara a riceverlo con le mani velate, nella seconda versione Simeone ha già il Bambino tra le braccia, come lo raffigura Giotto, nella Cappella degli Scrovegni di Padova, e poi molti altri pittori italiani. Nel primo caso la Vergine è in piedi, nel secondo caso è in ginocchio Gli altri elementi della scena sono comuni: dietro a Maria c’è Giuseppe che porta le colombe e, in omaggio alla simmetria della composizione, la profetessa Anna sta dietro a Simeone. A volte, fra i personaggi, si erge un altare. Un capitello della navata della chiesa di Sain-Pierre a Chauvigny ha ripreso la prima versione, ma ad essere velate sono le mani della Vergine, non quelle di Simeone, mentre nel soffitto della Chiesa di Zillis il pane e il vino posati sull’altare prefigurano il sacrificio di Cristo. Alla seconda tipologia si è, invece, ispirato l’autore degli affreschi di Castel Appiano (BZ), nei quali Gesù è teneramente abbracciato al collo di Simeone.
Una innovazione compare alla metà del XII sec. in una vetrata di Chartres, poiché dietro alla Vergine, ci sono tre figure femminili, di cui una porta le colombe e due i ceri accesi. Infatti, dal XII-XIII sec. uno dei presenti può avere una candela in mano, ma sarà dal XIV sec. in poi che questa immagine entrerà nell’iconografia della Presentazione al Tempio, comprensiva così della festa della Candelora. Spesso partecipa alla scena anche il Sommo Sacerdote che, a partire dal XIV sec., viene a coincidere con la figura di Simeone, quando questi è raffigurato con in testa la mitria o la tiara. Il Protovangelo di Giacomo, infatti, lo vede come successore di Zaccaria in tale incarico e per questo indossa i paramenti sacerdotali.
La profetessa Anna, una vedova ottantaquattrenne, e anche questo numero è simbolico poiché prodotto di dodici per sette, che viveva nel Tempio, è presente in entrambe le varianti, più frequentemente nell’iconografia italiana che in quella nordica, mentre alza la mano destra con il dito puntato e pronuncia la profezia.
Il Bambino sta in piedi o disteso sopra l’altare per significare che con la sua nascita è stato marchiato dal carattere di vittima espiatoria e predestinata al sacrificio. Talvolta la Vergine e Simeone lo sollevano sopra l’altare. Dal XVII sec. alcuni pittori tedeschi fanno scendere sulla sommità della composizione la colomba dello Spirito Santo, mentre in una tela donata dal cardinale Richelieu nel 1641 per l’altare maggiore della Chiesa dei Gesuiti a Parigi si vedono due angeli planare sopra la scena donando un carattere più solenne all’avvenimento.
Giuseppe non è che una comparsa: tiene in una mano, nascosta tra le pieghe del suo mantello, un cesto di paglia o una gabbia di ferro con le due tortorelle, modesta offerta di povera gente. Talvolta egli offre anche una piccola somma di denaro e lo si vede mentre apre i cordoni della sua borsa per estrarre l’obolo. Spesso, però, è un’ancella della Vergine che porta le colombe e nell’arte russa, come per esempio in un affresco, ora distrutto, vicino a Novgorod, le colombe sono tre. L’arte del Rinascimento non introduce innovazioni, se non che è Maria stessa a portare le colombe, mentre durante il periodo barocco si aggiungono vari gruppi e prevale la versione incentrata sull’incontro tra Gesù e Simeone. A volte due colombe si levano in volo, segno dell’approvazione dell’offerta da parte di Dio, che in alcune opere appare in cielo nel registro superiore, come nel dipinto di Stefan Lochner per la chiesa di S.Caterina di Colonia (XV sec.).
Nella pittura fiamminga del ‘400 spesso la scena è ambientata all’interno di grandiose basiliche romaniche o gotiche, come nella tela di Memling del 1464, dove il lato incompiuto dell’edificio sottolinea che la costruzione della Chiesa, avviata da Gesù, è un compito che va costantemente portato avanti, mentre l’altare coperto da una tovaglia dà valore sacramentale alla scena e l’atteggiamento e i paramenti di Simeone, in abiti pontificali, confermano la solennità dell’evento.

Su una tela di Stefan Lochner del 1447, ora al Museo di Darmstadt, l’altare ha un prezioso dossale con bassorilievo che riproduce Mosè con le tavole della Legge, un riferimento al rapporto tra Gesù e la legge giudaica. Intorno a Simeone, che chiama Gesù “Luce per illuminare le genti” (Lc.2,32) vi è in gruppo di bambini con una candela in mano. Questo motivo non ha origine nella Scrittura, ma è un esempio tipico di arricchimento di un tema iconografico a partire dalla liturgia: qui infatti è stata aggiunta una processione di chierichetti disposti come canne d’organo in ordine di altezza. Inoltre, il pavimento è coperto di foglie di agrifoglio che, nelle immagini legate alla Natività, alludeva alla Passione di Cristo, poiché si pensava che con le sue foglie spinose fosse stata intrecciata la corona di spine.

Sempre nel XV sec. Gentile da Fabriano ambienta questo episodio al centro di uno spaccato urbano e il tempio ebraico è una struttura esagonale, simile all’architettura dei battisteri medievali. Gesù cerca di svincolarsi dalle braccia di Simeone e la madre è pronta ad accoglierlo. Sopra l’altare di lamina dorata brilla la luce di una lampada a olio, che irrora l’ambiente con un alone soffuso, mentre all’esterno la piazza è colma di luce. Da un lato due gentildonne elegantemente vestite avanzano verso il Tempio per assistere alla scena, mentre dalla parte opposta vi è uno scenario più evangelico di povertà, impersonata da due mendicanti, con un uomo forse malato che chiede l’elemosina.

Giovani Bellini, invece, presenta i personaggi a mezzo busto, con Gesù Bambino completamente fasciato. Egli riprende un’idea del Mantegna che era assolutamente innovativa: la Presentazione al Tempio, infatti, era sempre stata ambientata all’interno di una chiesa e i personaggi apparivano a figura intera: composizioni con un gruppo ripreso a mezzo busto erano assolutamente sconosciute e costituivano una vera e propria invenzione. Un’altra scelta innovativa Bellini la fa in una tela del 1502, dal titolo ‘Nunc dimittis’, collocando l’episodio non all’interno del Tempio, ma in un paesaggio aperto; in questo modo un piccolo episodio di vita familiare assume un respiro universale, esce dal chiuso di un edificio e si proietta nel mondo.

Molto interessante è anche la tela di Carpaccio per la chiesa di S.Giobbe a Venezia, poiché la scena è ambientata entro un’architettura dipinta con un tale effetto illusionistico da sembrare una vera e propria cappella di una chiesa. L’opera, inoltre, mostra una certa originalità compositiva, poiché rara è la disposizione dei personaggi su un podio marmoreo, distribuiti con speculare simmetria: il gruppo femminile che accompagna Maria a sinistra, il gruppo maschile a destra. I ricami d’oro della veste del sacerdote illustrano vari episodi della Creazione, probabile allusione alla Redenzione dell’umanità, frutto dell’Incarnazione di Cristo.

Tra le molte raffigurazioni famose della Presentazione di Gesù al Tempio sono da ricordare quelle di Nicola Pisano per il Battistero di Pisa e la Cattedrale di Siena (XIII sec.), Ambrogio Lorenzetti,

il Beato Angelico nel Convento di S. Marco a Firenze e poi Dürer, che colloca questa scena nel Ciclo della Vita della Vergine, e Rembrandt.
Un’ultima riflessione va fatta sulla predizione del vecchio Simeone a Maria; il riferimento “anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc.2,35) ha dato origine al tema della Vergine dei Sette Dolori, ma la sua rappresentazione appartiene esclusivamente all’iconografia mariana.