Il libro del Profeta Daniele tra Bibbia e arte: Daniele nella fossa dei leoni. Un contributo di Micaela Soranzo
Daniele, il cui nome significa Dio è giudice, è uno dei quattro grandi profeti dell'Antico Testamento e la sua figura è una delle più ricorrenti ed emblematiche nel repertorio figurativo paleocristiano.
Numerose, soprattutto nell’arte funeraria, sono le immagini ispirate al libro di Daniele: Daniele nella fossa dei leoni, i tre giovani nella fornace, la storia di Susanna.
Da quello che si legge nel libro, Daniele, di nobile famiglia giudea, è un adolescente quando viene deportato a Babilonia, dove eserciterà il servizio di profeta. Per la sua saggezza conquista la fiducia di Nabucodonosor e diventa funzionario di corte ed interprete dei sogni del re. Anche il re persiano Ciro II apprezza i suoi consigli, ma dei nemici lo fanno cadere in disgrazia ed il re è costretto a gettarlo in pasto ai leoni. Daniele evita miracolosamente il supplizio e si vede graziato. All’interno del libro due sono i racconti che lo vedono protagonista di questo episodio: il primo è in Dn. 6,17-25, mentre l’altro è in Dn. 14,31-42. Spesso la sua figura è stata interpretata come un esempio della fede cristiana, della forza della preghiera, della resistenza al leone/diavolo ed è diventata modello per ogni cristiano: ‘Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare.’ (1Pt 5,8).

I Padri della Chiesa, come Origene ed Efrem il Siro vedono in Daniele la prefigurazione del trionfo di Cristo sulla morte e la fossa dei leoni è stata letta come prefigurazione del sepolcro. Daniele stesso, raffigurato come orante con le braccia alzate e le palme delle mani rivolte al cielo, evoca Cristo con le braccia distese sul legno della croce.
Il tema appare prestissimo nell’arte: è, infatti, con l’immagine di Daniele fra i leoni che si inaugura la pittura e la simbolica cristiana ed è molto raffigurato nelle catacombe e sui sarcofagi, come quello di Giunio Basso.
Nelle catacombe di Domitilla, nella parete sinistra della Galleria dei Flavi, Daniele è in piedi con le braccia alzate nel gesto dell’orante, vestito di una tunica, exomis, con cintura in vita. Sugli affreschi della Cappella Greca, nella catacomba di Priscilla, la cosa più interessante è la presenza del paesaggio: in primo piano Daniele, con una corta tunica, è in piedi, mentre ai lati due leoni stanno accovacciati, quasi rispettosi della sua preghiera; a destra spuntano degli alberelli. Sullo sfondo vi è un portico con sette colonne sormontate da due gallerie e con ai lati due edifici.
Fin dalle origini l’iconografia si fissa senza modificazioni essenziali: una variante sarà la veste, poiché, a partire dal III secolo, Daniele è raffigurato sia completamente nudo, sia con un piccolo perizoma, sia provvisto di una toga. In un affresco delle catacombe di Napoli, Daniele è vestito e ha il berretto frigio, così come sul sarcofago di Isarco nella chiesa di S.Vitale a Ravenna,

dove Daniele è vestito alla persiana, con tunica, cintura, clamide e con in testa il berretto frigio, mentre due leoni sono accovacciati ai lati. La tipologia è ormai però stereotipata: è un adolescente bello, imberbe, svelto, rappresentato di fronte, con le braccia alzate nell’atteggiamento classico dell’orante.
Un’altra variante è legata al numero dei leoni presenti, che generalmente sono due, ma possono essere anche quattro, come nel mosaico del museo del Bardo a Tunisi, o sette, in riferimento a Dn.14,32, come nella cattedrale di Oristano.

La variante più importante appare già in alcuni sarcofagi, che raffigurano l’intervento del profeta Abacuc carico di viveri, che viene a sfamare Daniele (Dn.14,33-42). Si legge, infatti, che l’angelo del Signore “lo prese per la cima della testa e sollevandolo per i capelli lo portò a Babilonia, sull'orlo della fossa dei leoni, con l'impeto del suo soffio. Gridò Abacuc: «Daniele, Daniele, prendi il cibo che Dio ti ha mandato”.

In epoca romanica anche la scultura ha voluto raffigurare questo episodio soprattutto sui capitelli, come nel duomo di Fidenza, nel battistero di Parma o nel duomo di Modena, dove viene raffigurato Daniele nella fossa dei Leoni e Abacuc che si avvicina a lui portando una razione di cibo, trascinato per i capelli dall’angelo. Nell’abbazia di S.Antimo, il Maestro di Cabestany riesce ad assemblare e scolpire in uno spazio minimo tutte le scene salienti della vicenda biblica narrata nel cap.6 del Libro di Daniele. Anche in Francia la scultura romanica ha rappresentato spesso questo episodio sui capitelli delle chiese, come nella cattedrale di Saint Trophine ad Arles, nella chiesa di S.Redegonda a Poitiers o nella cattedrale di Autun. Generalmente Daniele è rappresentato in meditazione con il viso appoggiato a una mano, nella fossa dei leoni che, però, non lo attaccano.
Abacuc è rappresentato sospeso in aria oppure a fianco di Daniele come l’angelo del Signore, che viene identificato in S.Michele arcangelo; come tale lo vediamo in un pannello della porta di bronzo nell’atrio del santuario di Monte Sant’Angelo.

Dal XIII secolo questo tema non è più popolare e pochi sono gli artisti che lo affrontano, tra cui Pietro da Cortona, Tintoretto, Rubens e Guido Reni. Vi sono poi gli affreschi di Pietro Novelli a Palermo e di Luigi Vanvitelli a Viterbo, le celebri sculture di Bernini nella Cappella Chigi fino al dipinto di Marc Chagall che sintetizza, con il suo stile, tutti gli elementi principali del racconto biblico.