Il digiuno di Ester
La pratica del digiuno è attestata negli strati più antichi della letteratura biblica e non vi è alcun dubbio che fosse diffusa sia tra gli individui che nei gruppi dell’antico Israele. Lo scopo del digiuno poteva variare a seconda dei testi che si leggono: serviva per evitare una calamità e suscitare la misericordia divina, per chiedere l’aiuto di Dio, o per implorare il perdono dei peccati. Riguarda quest’ultimo caso il digiuno più noto e più importante, quello del Kippur, il Giorno dell’espiazione, di cui si legge nella Torah (Lv 16), e che è praticato ancora oggi da molti ebrei.
Nell’ebraismo sono osservati anche diversi altri giorni e tipi di digiuno: quello per la memoria della distruzione del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme (9 di Av); quello per l’assedio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi (10 di Tevet), e altri digiuni minori.
Il giorno che precede la festa di Purim, la festa “delle sorti”, gli ebrei digiunano, in ricordo di quanto fece la regina Ester: è il “Digiuno di Ester” (13 di Adar, anticipato quest’anno all’11, ovvero il 21 marzo del calendario gregoriano), di cui si legge nel libro omonimo: «Ester mandò da Mardocheo l’uomo che era venuto da lei e gli fece dire: “Va’ e raduna i Giudei che abitano a Susa e digiunate per me: per tre giorni e tre notti non mangiate e non bevete. Anch’io e le mie ancelle digiuneremo. Allora, contravvenendo alla legge, entrerò dal re, anche se dovessi morire”. Mardocheo andò e fece tutto quello che Ester gli aveva ordinato» (Est 4,15-17).
Solo grazie a questo digiuno, che unì tutti gli ebrei di allora (e grazie alla preghiera che Ester rivolgerà a Dio, secondo la versione della Settanta della stessa vicenda), gli ebrei sono salvati dallo sterminio che il perfido Aman, discendente dell’arcinemico di Israele, Amalek, aveva programmato e fatto approvare dal re.
Il digiuno attuale però non dura tre giorni come in antichità, secondo quanto si è letto sopra dal rotolo di Ester, o quanto si trova anche in un antico commento rabbinico: «Perché un digiuno di tre giorni? Perché il Santo non lascia i figli d’Israele nell’angoscia per più di tre giorni. Così, la Scrittura dice: “Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e vide da lontano quel luogo” (Gen 22,4). Di conseguenza Ester decretò un digiuno di tre giorni» (Midrash Tehillim sul Salmo 22).
«I Maestri, infatti – spiega Eliahu Kitov nel suo libro sul ciclo dell’anno ebraico, Sefer Hatoda’ah – hanno stabilito di osservarlo nel giorno in cui gli ebrei si radunarono per difendersi. Nonostante il digiuno di Ester sia durato tre giorni, i Maestri sono stati indulgenti e hanno stabilito che il digiuno commemorativo durasse un solo giorno».
Quest’anno, il 5784, come vivranno gli ebrei il digiuno di Ester, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023? E i cristiani?
Per questi ultimi la ricorrenza rischia di passare inosservata, perché il libro di Ester è stato ignorato dai cristiani per quasi un millennio: per trovare un commento alla storia della regina che salvò gli ebrei dallo sterminio si dovrà attendere l’inizio del IX secolo d.C., con Rabano Mauro; prima i Padri della Chiesa dedicarono solo pochi accenni alla protagonista del libro. Non solo: ancora oggi il Lezionario prende dal libro di Ester solo una breve lettura, nella prima settimana di Quaresima, la preghiera che la regina rivolge a Dio (uno dei testi, tra l’altro, non presenti nell’antica versione in ebraico, ma solo nella traduzione della Settanta).
Eppure, la storia della regina Ester è più che mai attuale e significativa non solo per gli ebrei, ma anche per i cristiani. Lo dimostra Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce, che, nata il giorno di Kippur del 1891, e divenuta poi credente in Gesù Messia, ricevette il battesimo ed entrò nel Carmelo. Edith si identificò con Ester, e in particolare, nel gesto che la regina compì rischiando la vita – inerme e affaticata dal digiuno – entrando nella sala del trono del suo sposo e re Assuero. Scrive in un suo diario: «Sono certa che il Signore ha accettato la mia vita per tutti. Non posso fare a meno di tornare sempre a pensare alla regina Ester, che fu presa dal suo popolo per intercedere davanti al re in favore del suo popolo. Io sono una piccola Ester, molto povera e impotente, ma il Re che mi ha scelto è infinitamente grande e misericordioso» (Selbstbildnis in Briefen).
Ma quello sopra non è l’unico documento che attesti l’attenzione per Ester da parte di Edith Stein, che infatti scrisse, un anno prima della sua morte nel campo di sterminio di Auschwitz, un componimento poetico intitolato Dialogo notturno, nel quale immagina che di notte una misteriosa figura femminile entri in monastero e cominci a parlare con la madre priora; è la regina Ester, che racconta in prima persona la propria storia iniziando dalla sua condizione di orfana, per poi passare alla tragedia che sta per incombere sugli ebrei: «Il fedele zio, Mardocheo, veniva spesso alla porta del Palazzo per portarmi notizie del nostro popolo: necessità e pericoli. Così venne il giorno in cui avvicinai il Re, per implorare la salvezza dal nemico mortale. Dal suo sguardo dipendeva la vita o la morte. Mi appoggiai alle spalle delle mie ancelle. Non temetti l’ira del mio sposo. Con sguardo amico mi accolse. Così dalle mani di Aman l’Altissimo Signore attraverso Ester, la sua serva, ha salvato il suo popolo».
Poi il poemetto passa a rievocare il presente (siamo nel 1941) e il dramma della Shoah, quando la priora incalza Ester con una domanda: «E oggi un novello Aman con odio amaro gli ha giurato strage. È per questo che Ester è ritornata?». Ester – cioè Edith Stein, che ha in mente Adolf Hitler – risponde così: «Sì, lo hai detto. Sì, io erro per il mondo, per implorare rifugio per il popolo senza patria, sempre scacciato e calpestato, ma che pure non può mai morire» (trad. di C. Doveri).
Il digiuno di Ester non riguarda solo gli ebrei, ma interpella anche i cristiani, che possono trarre esempio da Ester e sperimentare la potenza del digiuno e della preghiera.
Giulio Michelini, pubblicato su L'Osservatore Romano, 20 marzo 2024
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