• 18 Aprile 2024 21:14

La parte buona

CHE ASCOLTA E METTE IN PRATICA LA PAROLA DI DIO

Commento al vangelo della Quarta domenica di Quaresima (Gv 9,1-41), a cura di Giulio Michelini

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: Va’ a Sìloe e làvati!. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane».

Vedere la luce

La domenica “del cieco” vede la proclamazione quasi integrale di uno dei capitoli più suggestivi del quarto vangelo, che tra l’altro segue immediatamente la pagina del vangelo di domenica scorsa: Gesù era minacciato di morte da chi voleva lapidarlo perché si era detto prima di Abramo, esce dal tempio di Gerusalemme, e “passando” vede un uomo.

Non ha un nome, e per questo diventa un “modello” rappresentativo in cui tutti si possono identificare, meditando la pagina che è un punto fermo nel cammino quaresimale. L’affermazione del cieco nato, apice della sua scoperta, «Credo, Signore!» costituisce infatti il culmine del rito del battesimo, e lo è anche nella rinnovazione delle promesse battesimali durante la celebrazione della veglia pasquale.

Tra le tante possibili letture scegliamo ora tre temi, dei quali il primo riguarda la rivelazione e il giudizio. La rivelazione è l’opera principale di Gesù nel vangelo di Giovanni, e per questo Gesù si definisce qui la luce del mondo (v. 5); se la luce brilla per davvero, non può che rivelare la realtà, mostrarla a chi non la vedeva prima (come il cieco nato), o a chi pur vedendola, ora può coglierla con occhi aperti dalla fede. La rivelazione di Gesù è quella del Padre, che ha mandato il suo Figlio per dare luce al mondo. Ma la rivelazione, la luce, comporta inevitabilmente un giudizio: ciò che è nascosto, rimane occultato senza luce, ma quando la luce risplende, tutto è chiaro. Così sono svelati i cuori degli uomini, compresi quelli di «alcuni» dei farisei (e quindi non “tutti”; v. 40), dei quali è mostrato il peccato che li abita.

Infatti il tema del peccato occupa gran parte del brano: questo però non si trova lì dove si pensa. Facile credere – come fanno anche i discepoli (v. 2) – che il peccato porti con sé una conseguenza subito evidente, come quella di una malattia o della cecità, magari nella generazione seguente a chi l’ha compiuto. Ma il peccato si annida invece dove è difficile scovarlo, lavora lontano da ogni visibilità, scava un suo spazio proprio in chi crede di esserne immune: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane» (v. 41).

Ma la trama principale della pericope è forse quella della scoperta di chi è Gesù, proprio come era accaduto alla Samaritana. Il cieco guarito solo progressivamente cresce nella comprensione della realtà e di chi questa realtà ha svelato. All’inizio pensa a Gesù come a “un uomo”, ma del quale non sa nulla; poi però lo dichiara un “profeta”, poi ancora un “inviato di Dio”, e infine lo riconosce come “Figlio dell’uomo” e “Signore”.

Ecco perché, per questi e altri motivi, il brano si può leggere non solo in senso storico (per quello che narra), ma interpretare anche a livello simbolico, spirituale, esistenziale. Nella persona del cieco ci possiamo immedesimare tutti, e in particolare potevano ritrovarsi in lui quegli adulti che non avevano ancora ricevuto il Battesimo e che nell’antichità seguivano il percorso catecumenale, che durante la Quaresima prevedeva la proclamazione di questa pagina.

Sant’Ambrogio, in una catechesi sull’eucaristia, commenta il vangelo del cieco nato. Dopo aver spiegato ai neofiti della sua Chiesa il significato della rigenerazione che viene dal Battesimo, scrive: «Che cosa si fa in seguito? Puoi accostarti all’altare». Coloro che erano appena stati purificati dal lavacro, infatti, nella veglia pasquale potevano per la prima volta accedere all’eucaristia, partecipando ai riti di comunione. Avevano finalmente il permesso, come veri e propri “illuminati”, di vedere quello a cui prima non potevano assistere: «E poiché sei venuto, puoi vedere ciò che prima non vedevi. Questo è il mistero, che hai letto nel Vangelo», continua il Vescovo di Milano, riferendosi al brano della guarigione del cieco nato.

Ambrogio ci aiuta a capire cosa saremmo senza il Battesimo e il dono della fede, cioè persone miopi che vedono solo in parte la realtà: «Considera anche tu gli occhi del tuo cuore. Tu, servendoti dei tuoi occhi corporali, vedevi le cose del mondo materiale, ma non riuscivi ancora a vedere i misteri della grazia con gli occhi del cuore. Perciò Gesù prese del fango e te lo spalmò sugli occhi». Infine, il santo di Milano conclude la sua riflessione riflettendo sul cammino fatto dal cieco fino alla piscina di Siloe: «Sei andato, ti sei lavato, sei venuto all’altare, hai cominciato a vedere ciò che prima non avevi veduto».

I brani che abbiamo riportato ci aiutano a ricordare che la Quaresima si caratterizza soprattutto in senso battesimale: i catecumeni quaranta giorni prima di Pasqua si iscrivevano alla lista di coloro che, dopo tre anni, erano pronti per ricevere il Battesimo; seguivano poi una seria disciplina, caratterizzata da scrutini, preghiere e penitenze, e al termine dei quaranta giorni avrebbero finalmente ricevuto i sacramenti dell’iniziazione.

Questa prassi liturgica, seguita ancora oggi dalla Chiesa, non solo esprime la sapienza di un cammino, ma permette anche a coloro che hanno già ricevuto il Battesimo di riscoprirne la grazia e il significato, ripetendo, con quell’uomo, «Credo, Signore»!

Preghiamo perché anche chi ha avuto in dono la vista possa un giorno vedere il suo volto e rivolgersi a lui con le stesse parole.