Le immagini più antiche raffiguranti l’episodio dell’incontro tra Cristo e l’adultera risalgono alla prima metà del XII sec. e sono due bassorilievi e l’affresco conservato nella chiesa benedettina di Sant’Angelo in Formis dove vi è anche l’incontro fra Cristo e la samaritana.
L’affresco presenta Cristo seduto con la mano destra rivolta verso la donna, in un atteggiamento dolce e accogliente; alle sue spalle ci sono due discepoli, forse Pietro e Giovanni. La donna ha gli occhi fissi, rivolti verso il Signore, con le mani posate sul petto e con il corpo ripiegato, in atteggiamento umile e di riconoscimento del proprio peccato. Alle sue spalle ci sono tre personaggi, rivestiti con i paramenti sacri, presbiteri e anziani, che sono i suoi accusatori. Questo particolare sembra un probabile rimando alla storia riportata nella Didascalia che, a differenza del racconto evangelico, identifica gli accusatori con i presbiteri. Il loro volto indurito esprime la loro insoddisfazione per un perdono eclatante e del tutto inaspettato, mentre gli occhi spalancati e sbalorditi dei due apostoli rivelano la presa d’atto di un superamento, attraverso la misericordia, della colpa e del peccato. Uno dei due bassorilievi, datato 1117, si trova nella chiesa di San Salvaro a San Pietro Legnago (VR), e anche qui l’adultera è associata alla samaritana. La scena rappresenta un atto di giudizio, poiché la donna, che viene presentata a Gesù da due uomini, è raffigurata con i polsi legati e pertanto chiaramente colpevole. Ma Cristo giudice, seduto su di un masso, con la mano sinistra punta il dito contro gli accusatori, che sembrano molto attenti nell’udire le parole del Signore, che interpella il loro cuore. La donna, invece, ha il volto chino e gli occhi fissi a terra, non avendo il coraggio di guardare verso il suo Salvatore. L’altro bassorilievo, del 1138, è una formella bronzea del portale della chiesa di San Zeno a Verona e raffigura l’episodio sotto la scena del Battesimo di Gesù, creando un binomio sul tema della grazia che trionfa sul peccato. Gesù è al centro: accanto a lui la donna, con alle spalle un discepolo, riceve il perdono, mentre gli avversari sulla sinistra assistono impotenti e increduli.
Del XV sec. è, invece, una miniatura del francese Jean Colombe; la scena si svolge nel Tempio di Gerusalemme e l’attenzione sembra posta sull’atteggiamento del Signore che scrive per terra. Infatti, tutti i presenti hanno lo sguardo rivolto verso l’iscrizione, con la parola latina peccata. Le palme delle mani, poste in avanti da parte di uno dei personaggi, indica quasi un certo stupore e voglia di conversione e i volti contriti pare esprimano la propria colpevolezza. L’atteggiamento della donna sembra signorile, ma la testa curvata in avanti mostra l’interiore pentimento.
Le rappresentazioni di questo episodio mostrano spesso il gesto di Cristo che scrive con l’indice della mano destra, ma talvolta la mano è dritta e l’indice non punta verso terra; questa iconografia forse proviene da una contaminazione con quella di Cristo e la samaritana: le due scene hanno potuto mescolarsi per ragioni liturgiche, poiché già in epoca paleocristiana il giorno dopo la III domenica di Quaresima veniva letto il Vangelo della donna adultera.
I secoli XVI e XVII conoscono una prolissa raffigurazione dell’episodio della donna adultera, che attira l’attenzione di numerosi artisti, diventando una delle scene evangeliche maggiormente rappresentate. Anche se al centro del racconto c’è Cristo, con la sua scelta di perdono e misericordia, la donna peccatrice assume un suo peculiare ruolo, divenendo sempre più protagonista della scena, sebbene appaia spesso ai bordi del quadro. Gli accusatori partecipano anch’essi alla scenografia, rappresentati per lo più come antagonisti violenti o nell’atteggiamento codardo della fuga. L’adultera è quasi sempre desolatamente sola, attorniata da uomini meschini e arroganti. Non è dato molto spazio alle figure femminili, ad eccezione dell’opera di Veronese, in cui per la prima volta la peccatrice è sorretta e attorniata dalle donne, forse le stesse che erano al seguito di Gesù.
Tiziano Vecellio ha dedicato particolare interesse alla donna adultera e nel 1511 circa realizza un dipinto con una particolare interpretazione della scena, poiché i personaggi sono raffigurati con costumi propri dell’epoca, allo scopo di attualizzare l’episodio. Ma nel 1515 termina un secondo dipinto, in cui la donna è stretta tra i suoi accusatori: numerose mani sono su di lei; ella è afferrata e quasi serrata, senza alcuna possibilità di uscita. Tutti, eccetto lei, sono volti verso Gesù in attesa della sentenza; qui l’artista ha creato un gioco di sguardi: allo sguardo di tutti rivolto a Cristo, si contrappone il Suo sguardo verso la donna, che è ripiegata su se stessa, in un tentativo forse di presa di coscienza del proprio peccato e della propria dignità.
Anche nella tela di Palma il Vecchio (1511) l’azione sembra concentrarsi sugli sguardi. L’adultera guarda attonita il suo accusatore, un presbitero, rivestito dei paramenti sacri, anch’esso intento a ricambiarla con uno sguardo giudicante e cattivo; ma anche Gesù ha gli occhi rivolti verso il vecchio, mentre con la destra indica la peccatrice. È un vero e proprio intreccio di sguardi, da cui non sono esenti neppure le due figure alle spalle, che partecipano attivamente all’azione. La donna, con le mani legate, regge immobile, ma decisa, lo sguardo giudicante e condannante del suo avversario, mentre Gesù guarda il presbitero e lo invita a cogliere l’oltre della grazia. Lucas Cranach il Vecchio ha realizzato diverse opere su questo tema per poi, nel 1532, dipingerne una più ricca di particolari. In tutte questi dipinti la principale caratteristica è la mano di Gesù, che tiene teneramente o nasconde quella della donna, ed è posta sul suo avambraccio. Essa è tutta rannicchiata, lo sguardo basso, inerme e con le forze che le vengono meno. Molta attenzione è posta anche nei confronti degli accusatori, raffigurati con particolare crudeltà e il volto tremendamente bestiale. Il Signore, tenendo la propria mano sul braccio della donna, esprime la sua disponibilità a proteggerla, impegnando tutta la sua autorevolezza, espressa dal volto pacato e dalla capacità dialogica nei confronti degli stessi accusatori.
Anche Tintoretto ha più volte affrontato il tema dell’adultera, ma la tela del 1547 è una rara rappresentazione della scena evangelica. Al centro primeggia la figura di una donna imponente, sicura di sé, con la mano sinistra alzata, che dialoga con Cristo seduto e attorniato dagli apostoli, mentre a destra, in primo piano, c’è l’adultera, vergognosa e seminascosta. Sembra che il dialogo tra Gesù e questa strana figura rappresenti la discussione tra la Torah, rappresentata dalla sicurezza della donna, e la logica del perdono di Gesù. Gli scribi e i farisei in fuga sono sullo sfondo, seminascosti dalle colonne del Tempio: spariscono definitivamente di fronte alla realtà nuova del perdono e della grazia divina.
Pieter Brueghel il Giovane rappresenta Gesù nell’atto dello scrivere per terra, mentre gli avversari, anch’essi rivolti verso l’iscrizione, sembrano intenti a discutere e nello stesso tempo riflettere sull’inaspettata sentenza. La folla, alle spalle del Signore, sembra assecondare il suo giudizio, mentre dalla parte opposta, tutti gli altri se ne vanno.
Rembrandt (1644), invece, mostra Gesù in piedi, tra scribi e farisei, con il volto triste per la durezza del cuore dei suoi interlocutori, ma compassionevole verso la donna. La scena si svolge all’interno del tempio e sullo sfondo il sommo sacerdote troneggia su un altare sfarzoso. Al centro della composizione la donna è in ginocchio e piange, ma la sua veste bianca, che ne accentua la luminosità, sta forse ad indicare la purezza, ripristinata con il perdono. Anche Nicolas Poussin pone la donna in ginocchio, con la mano sinistra sul petto e lo sguardo a terra. Gesù la protegge, indicandola con la mano destra, mentre con la sinistra sembra richiamare l’attenzione sulla scritta per terra.
Nel 1840 il pittore francese Émile Signol realizzò la tela del Louvre. Al centro, alle spalle di Cristo e dell’adultera, si erge un’imponente colonna, segno che la scena si situa nel Tempio di Gerusalemme. Egli con la mano sinistra indica la donna, mentre la destra indica la scritta sul pavimento: Qui sine peccato est vestrum primus in illam lapidem mittat. Questa è accovacciata su se stessa; il volto coperto dalle mani; parte della spalla scoperta, segno che è stata sorpresa nel tradimento.
Più recente è l’affresco di Luigi Filocamo (1954), che dà un’originale interpretazione dell’episodio. Mentre la donna in ginocchio accoglie il perdono del Signore, l’umanità, raffigurata in abiti contemporanei, si divide in due schiere: a sinistra quelli che, rifiutando l’orizzonte del perdono, volgono le spalle e accennano ad andarsene, a destra quelli che, rivolti verso Gesù, accolgono la novità del perdono in un mondo rinnovato dalla grazia, come il cielo azzurro proietta all’orizzonte una luce che illumina la città.
E’ del 2009 il mosaico realizzato da Marko Rupnik nella cripta di s.Pio a San Giovanni Rotondo: gli accusatori, raffigurati di spalle e in procinto di andare via, hanno ormai liberato la scena dalla loro presenza e sono rimasti solo loro due, Gesù e la donna, che si intrattengono in un dialogo autentico e i cui sguardi si incontrano. Alle spalle dell’adultera, seduta e attenta alle parole del Maestro, si sprigiona una forte luce, mentre gli avversari sono diretti verso un orizzonte grigio e cupo. Gesù, indica la scritta per terra, ma la sua attenzione è tutta per la donna, peccatrice sì, ma creatura del Padre, che “non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva”.